Ricordo di Francesco Compagna/Modello politico e intellettuale esemplare

Un liberaldemocratico fra i leader del Pri

In ricordo di Francesco Compagna, scomparso trenta anni fa, il 26 luglio del 1982

di Giuseppe Ossorio

Francesco Compagna era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, a fianco di Giovanni Spadolini, quando ci lasciò trenta anni fa, il 26 luglio del 1982. Ricordiamo, nella brevità di un articolo, il suo percorso culturale e politico, i principii liberaldemocratici di respiro europeo e la tensione etico-politica che sostennero il suo impegno pubblico, fuori dal coro e dalle convenienze. Ripercorriamo la sua esperienza anche nella prospettiva di una ineludibile convergenza liberaldemocratica.

Francesco Compagna aderì al Pri di Ugo La Malfa e si unì, come esponente di punta della cultura liberaldemocratica, al gruppo dirigente repubblicano. La sua presenza rafforzò la declinazione liberaldemocratica del Partito Repubblicano Italiano, caratterizzato da una forte matrice mazziniana. La freschezza del suo linguaggio e la modernità delle sue idee, il partito come comunità anche di rapporti umani associarono molti di noi al suo percorso politico e alle sue scelte. Francesco Compagna si formò al liberalismo di Benedetto Croce. Fu aperto al confronto con la variegata area politica liberale. I suoi principii furono sempre ispirati alla democrazia liberale.

Sul piano accademico fu maestro indiscusso di tanti che ne seguirono l’itinerario scientifico e di quanti frequentarono le stimolanti lezioni dalla cattedra universitaria. Nella pratica giornalistica, che sempre accompagnò la sua passione civile, interpretò l’ideale liberaldemocratico sulla scia de "Il Mondo" di Mario Pannunzio. Nel 1954 fondò la rivista "Nord e Sud". L’editoriale che apriva il primo numero era firmato da Ugo La Malfa e il titolo, "Mezzogiorno nell’Occidente", riassumeva il contenuto di una scelta culturale e politica ancorata all’orizzonte europeo. "Nord e Sud" occupò a Napoli e in Italia uno spazio autonomo e autorevole, coniugava la capacità liberale di distinguere, il senso dello Stato e la sensibilità sociale dei repubblicani, la problematicità dei radicali pannunziani. Il confronto con "Cronache Meridionali", la rivista comunista di Mario Alicata, fu serrato, senza soggezione per quel modello culturale e per quel retroterra politico.

Francesco Compagna rappresentò in linea diretta il meridionalismo classico, quello di Giustino Fortunato e di Francesco Saverio Nitti. Non cedette mai al ribellismo della "sinistra sociologica" e si oppose alla tentazione del rivendicazionismo neoborbonico.

Egli non riteneva l’intervento straordinario in favore del Sud necessariamente in antitesi con il principio del libero mercato, di cui era rigoroso assertore. Ma, crocianamente, nella concretezza della storia, comprese che non esistono sistemi economici puri, non essendo praticabile né una pura economia di Stato né un puro sistema di libero mercato. Sarebbe spettato alla classe politica e al ceto dirigente stabilire misura e qualità delle politiche economiche, definire gli spazi della libera iniziativa e promuovere le azioni di riequilibrio per un’equità sociale. "Le garanzie della libertà", il titolo di un libro del suo solidale Vittorio de Caprariis, sono il fondamento di ogni Stato civile e non si riducono, naturalmente, soltanto a quelle astrattamente giuridiche.

Riflettendo su ciò che ha rappresentato per una generazione di giovani (noi lo affiancammo strettamente nella sua vicenda politica), viene da pensare che, non di rado, si è attuali perché si è inattuali. Francesco Compagna, il suo pensiero e la sua opera possono apparire, infatti, del tutto inattuali in uno scenario, quello odierno, assolutamente differente da quello che fece da sfondo alla sua azione. In una contemporaneità sopraffatta da una crisi sconvolgente, che è crisi del libero mercato, da un lato, crisi dello stato sociale, dall’altro. Ma, che, più d’ogni altro, è crisi dell’Unità europea.

La forza dei classici è quella di essere inattuali, perché restano perennemente attuali. Ecco perché ci compiace assai l’iniziativa di un suo allievo, Tullio D’Aponte, di riproporre in edizione digitale i 337 numeri di "Nord e Sud". Un materiale enorme se si pensa solo agli Editoriali e alle Note della Redazione. Senza aggiungere gli articoli firmati.

A rileggerli si coglie la finezza e il metodo dell’analisi politica di Francesco Compagna. Li suggeriamo, "mentre si allontana nel tempo la manifestazione della sala Umberto" del Partito Repubblicano Italiano, svoltasi a Roma agli inizi di luglio. Intanto, il Pri è già proiettato verso una nuova iniziativa pubblica nel mese di ottobre. L’obiettivo è di porsi in reciproco ascolto verso quanti si collocano in un’area culturale e politica in veloce movimento.

Il problema degli interlocutori è il punto centrale. Vi sono numerose associazioni, sigle, più o meno nuove, gruppi che si richiamano alla liberaldemocrazia. Ve ne sono anche nelle formazioni politiche maggiori. C’è una tale frammentazione che con molta difficoltà si stabilizzerà nei tempi medi, che poi sono quelli della politica.

C’è nella società una sensibilità diffusa che chiede una società più aperta, più libera e anche più giusta ma, tuttora, non c’è chi credibilmente la interpreti. D’altronde, una formazione di dimensioni appena consistenti, duratura, non si costituisce per decreto né in tempi brevi.

E’ giusto porsi la domanda "E ora?". Ebbene, consolidiamo, passo dopo passo, la nostra presenza all’esterno, senza attendere messianicamente un evento straordinario. Una Costituente liberaldemocratica deve rivolgersi al corpo vivo della società e deve essere ampia e popolare, nella misura che il Pri può promuovere. Questo per ora possiamo fare sapendo che il tempo non è alleato. Non si tratta di cambiare nome e meno che mai sciogliersi. Sarebbe veramente da sciocchi.

Verrà anche il tempo delle convergenze che non dovranno essere convenienze.